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Immagine del redattoreJessica Oliviero

La ricerca delle Ninfe


Scoprire le Ninfe, le dee di origine greca che dimorano lungo fiumi, laghi e sorgenti.

Questo il nostro obiettivo di oggi.

E quale posto migliore se non la splendida città di Ninfa?

Se non fosse che non esiste più…

Infatti ora è rimasto quasi soltanto il meraviglioso giardino situato nel Comune di Cisterna di Latina (Lt).

Ma non ci scoraggiamo, ed allora partiamo per la nostra nuova meta: il giardino di Ninfa!

Il giardino è privato e visitabile solo in determinati periodi dell’anno.

Quando siamo arrivati era tutto sommato presto, ma c’era già un po' di fila: ne abbiamo approfittato per socializzare con gli altri visitatori; c’era chi veniva dal Nord Italia, chi dal Sud, alcuni dall'estero.

Il giardino richiama visitatori un po’ da tutto il mondo, infatti vanta la bellezza di una media di 50.000 visitatori l’anno, il che è un gran risultato per un monumento “fuori porta” non sempre fruibile.

Vi raccontiamo molto brevemente la storia della città di Ninfa e del suo giardino.

Ninfa era un piccolo insediamento agricolo di epoca romana, chiamato così per via delle “ninfe” che si riteneva dovessero risiedere nel piccolo isolotto al centro del lago.

Nella metà dell'VIII secolo, Costantino V Copronimo lo donò a Papa Zaccaria come riconoscenza per le vittorie militari di quest’ultimo; nello stesso periodo, l’innalzamento della palude Pontina, resero impraticabile la via Appia e Ninfa diventò cosi uno snodo commerciale, crescendo di importanza.

Grazie all'applicazione di un pedaggio divenne un piccolo centro urbano con numerose chiese.

Tra il X e l'XI secolo, Ninfa era sotto il controllo militare dei conti di Tuscolo; successivamente, Papa Pasquale II riconquistò la città.

In seguito, Ninfa fu donata alla famiglia Frangipane; alla morte di Adriano IV, vennero eletti due papi, Alessandro III, sostenuto dai Frangipane, e Vittore IV, sostenuto da Federico Barbarossa.

Alessandro III fu immediatamente fatto prigioniero da Vittore IV ma subito liberato da Oddone Frangipane che gli offrì rifugio a Ninfa, dove nella chiesa di Santa Maria Maggiore fu eletto Papa.

Federico Barbarossa si vendicò saccheggiando e incendiando la città.

Alla fine del XII secolo i Frangipane, sommersi dai debiti, vendettero la maggior parte delle loro proprietà, compresa Ninfa.

Nel XIII secolo venne amministrata da Giacomo Conti, poi dagli Annibaldi e infine dai Colonna.

Quando i Colonna vennero scomunicati e i loro beni confiscati da papa Bonifacio VIII, Pietro Caetani acquistò Ninfa per 200 mila fiorini d'oro! Ristrutturò la città e la ampliò, costruendo chiese ed ospedali.

Dopo la morte di Bonifacio VIII, le famiglie nemiche dei Caetani rivendicarono i territori precedentemente usurpati.

Nel 1317 il territorio fu assegnato a Benedetto III, conte Palatino, e nel 1355 a suo nipote Giovanni; la famiglia, a seguito di problemi economici, dovette vendere i suoi territori.

In seguito Ninfa venne acquistata dai Caetani di Fondi, papa avignonese Clemente VII, gli confermò la carica di rettore della zona,dichiarando i Palatini estromessi da tutti i diritti.

Questo fece scattare da parte del papa di Roma Urbano VI la scomunica a Onorato, privandolo di tutti i diritti e provocando una violenta lotta che sfociò con un assedio a Ninfa, che venne saccheggiata e completamente distrutta a colpi di piccone.

Dopo questo episodio Ninfa non venne più ricostruita: resistettero poche capanne di contadini che lavoravano le campagne circostanti, che vennero costretti in seguito a lasciare la zona a causa dell'avanzamento della palude e la diffusione della malaria.

Nel 1471 i Caetani aprirono a Ninfa una ferreria, che chiudette comunque pochi anni dopo.

Nello stesso periodo il castello venne utilizzato anche come prigione: viene ricordato a questo proposito, l'episodio dell'eccidio di Ninfa, nel quale uno dei prigionieri rinchiusi nella torre uccise un carceriere; come ritorsione, Onorato III lanciò dalla torre tutti i reclusi tra cui un diacono, evento ritenuto inammissibile dalla Chiesa. Onorato, per evitare la scomunica, dovette farsi pubblicamente frustare.

Il primo giardino nell’area di Ninfa fu creato per volontà del cardinale Nicolò III Caetani, in giardino era costituito semplicemente da due viali ad angolo retto e da due nicchie dalle quali fuoriusciva acqua che poi si riversava nel fiume per l'allevamento di trote. Il giardino però, cadde in rovina poco dopo la morte del cardinale.

Fu nel 1921 che Gelasio Caetani iniziò il restauro di alcuni ruderi di Ninfa, in particolar modo della torre e del municipio.

Sotto la guida della madre Ada Wilbraham, iniziò a piantare diverse specie botaniche che ben si sviluppavano a Ninfa per via del clima favorevole regalato dal fiume Ninfa e dalla rupe di Norma che bloccava il passaggio delle nubi più basse provocando frequenti piogge.

Il giardino come lo conosciamo oggi lo dobbiamo però a Roffredo Caetani, alla moglie Marguerite Chapin e alla figlia Lelia Caetani.

Nel 1977 Leila Caetani, senza eredi, fu l'ultima rappresentante della famiglia Caetani.

Lelia, prima della sua morte, diede vita alla fondazione “Roffredo Caetani di Sermoneta” che ancora oggi possiede il giardino di Ninfa ed il castello di Sermoneta.

Intorno al giardino, a partire dal 1976, è stata istituita un'oasi del WWF a sostegno della flora e della fauna del luogo che la bonifica della palude aveva fatto scomparire.

Nel 2000 tutta l'area di Ninfa è stata dichiarata monumento naturalistico ed il giardino è stato considerato dal New York Times, come il più bello al mondo.

E con questo si conclude la travagliata storia di ninfa e del suo giardino.


Entrati finalmente nel giardino ci è voluto un po’ per essere

completamente assorbiti dall'atmosfera fiabesca del posto, forse sarà colpa del gruppi eccessivamente numerosi; decidiamo quindi di prendere un po’ le distanze dalla guida e dal gruppo, per godere dell’energia mistica del posto. Il nostro piano funziona, finalmente abbiamo la possibilità di godere degli spazi e dei colori di un bellissimo giardino immerso nel verde, in contrasto con il rosso delle foglie degli aceri giapponesi e del cotinus coggygria “l’albero della nebbia”.

Quasi brillano le foglie chiare dell’acero americano immerso nella vegetazione più scura colpite da un raggio di sole sfuggito alla morsa del cielo nuvoloso di quel giorno.

Ci soffermiamo ad osservare la torre in rovina del forte con alle spalle la rupe di Norma; ci colpiscono le caratteristiche finestre bifore di stile gotico e le merlature a coda di rondine che troviamo anche nella cinta muraria e nelle sue nove torri ancora visibili.

Superiamo i ponti, varchiamo il primi ruscelli di irrigazione e ci addentriamo nel fitto del giardino meravigliosamente all’inglese.

Viali solo apparentemente disordinati, nel quale si ergono le rovine medievali di case, ospedali, botteghe e chiese: ci cattura Santa Maria Maggiore, l’abside è semicircolare e sono ancora riconoscibili due affreschi, uno raffigurante San Pietro.

Dopo aver percorso il viale delle lavande, fiori a spiga violacei posizionati in grande quantità nel giardino per il loro naturale potere di essere repellenti alle zanzare, ci troviamo in uno spazio aperto ed ordinato, in cui si nota la grande varietà di piante presenti nel giardino, se ne contano oltre un migliaio differenti.

Ci dirigiamo verso il fiume Ninfa: passando in un sentiero tortuoso, riusciamo a vedere uno dei luoghi più belli del giardino, il ponte del Macello, di epoca romana. Un ponte composto da due campate, costruito sulle mura difensive.

Sul suo nome esistono due ipotesi: la prima, più cruenta, dice che durante una battaglia i soldati nemici cercarono di entrare in città passando attraverso il fiume sotto il ponte, ma i ninfini li colpirono con numerose lance rendendo l'acqua di colore rossa a causa del sangue dei nemici; la seconda ipotesi è, che nei pressi del ponte, sorgesse un macello per la lavorazione della carne, andato completamente perduto.

Proseguiamo costeggiando il fiume sul sentiero impreziosito anche da una foresta di bambù proveniente dalla Cina, papiri e alberi tropicali. Varchiamo una piccola porta contornata da fiori rosa e ci troviamo in quella che era la piazza del forte. Il tempo di guardarsi in torno e comincia a piovere. Ci ha detto anche bene.

Il nostro viaggio è finito, delle ninfe neanche l’ombra ma visto il loro risaputo pudore ce lo aspettavamo.

Considerata anche la tormentata storia del posto, non possiamo escludere che quell'isolotto non fosse davvero la loro dimora e che disturbate abbiano scatenato la sventura su questa terra fino a due secoli fa. Bisogna ammettere che la magia si sente ancora.

Sul sito http://www.fondazionecaetani.org/visita_ninfa.php si può scegliere giorno e fascia oraria

TESTO: Simone e Jessica

FOTO: Simone Scibelli Fotografia

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